Economia Finanza

La Ue di Orban vuole fare da ponte con la Russia


BUDAPEST – Le tante sfaccettature del governo ungherese sono state rivelate ieri sulla stampa europea. Quella provocatoria e combattiva, ma anche quella moderata e pragmatica. Da lunedì l'Ungheria del premier nazionalista Viktor Orbán ha assunto per sei mesi le redini dell'Unione europea. Il portavoce del governo ha annunciato che il Paese vuole «lasciare il segno». Ieri si è pronunciata dicendo che il primo ministro avrebbe potuto recarsi a Mosca, forse già oggi, per incontrare il presidente Vladimir Putin.

Il volto più provocatorio è incarnato da uno dei più fidati collaboratori del solforico primo ministro Orbán. A 55 anni, Zoltán Kovács, che abbina blazer blu a jeans slavati, è il ministro della comunicazione internazionale del governo ungherese. «Conosciamo le regole della presidenza di turno dell'Unione – ha detto ieri un gruppo di pari bruxelles qui a Budapest –. Viktor Orbán utilizzerà la presidenza in modo politico (…) La nostra è un'agenda politica».

Ieri sera fonti di stampa sostenevano che il premier potesse recarsi a Mosca per incontrare il presidente Putin, dopo che lunedì a Kiev aveva visto il presidente Volodymyr Zelensky. In assenza di conferma da parte della sua controparte ungherese, il presidente del Consiglio europeo Charles Michel ha ricordato su X che «la presidenza di turno non ha il mandato di impegnarsi con la Russia per conto dell'Unione». Di fronte all'invasione russa dell'Ucraina, Budapest si rifiuta di armare Kiev e sostiene l'idea di mantenere la pace.

Il motto della presidenza ungherese ha fatto storcere le labbra a molti: Rendiamo l'Europa di nuovo grande. A nessuno è sfuggito il desiderio di scimmiottare lo slogan dell'ex presidente americano Donald Trump (Rendiamo l'America di nuovo grande). In visita a marzo negli Stati Uniti, il premier Orbán ha incontrato il suo sodalizio americano, senza nascondere la sua simpatia per l'uomo d'affari che nel 2021, dopo essere stato sconfitto nelle urne, ha promosso un assedio in Campidoglio.

Da anni ormai l'Ungheria è un paese sui generis nel consenso comunitario, oggetto di una procedura ex articolo 7 dei Trattati per via di una preoccupazione derivante dallo Stato di diritto sul fronte della libertà accademica o sul versante dei diritti civili. Da tempo i fondi comunitari sono congelati in attesa che il Paese ritorni nei ranghi. Per il ministro Kovács si tratta di «un ricatto», di «un'arma politica contro un Paese che a differenza degli altri non vuole uniformarsi».



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