“Intervenga il governo italiano”. Gli appelli alle dimissioni della relatrice Onu anti-Israele
La relatrice Onu è troppo ostile a Israele per andare avanti. Dopo un'infinità di polemiche, iniziate negli anni scorsi e deflagrate dopo il 7 ottobre, è arrivato al pettine il nodo di Francesca Albanese, l'incaricata delle Nazioni Unite per molti emblema della faziosità delle organizzazioni internazionali sulla questione mediorientale. Ed è arrivato al pettine con la presentazione dell'ultimo rapporto. La riunione newyorkese di ieri infatti è stata l'occasione di un nuovo spettacolo anti-israeliano della “rapporteur” italiana, e l'inevitabile conseguenza è stata la richiesta, arrivata al governo italiano, di unirsi alle voci diplomatiche internazionali che ne chiedono le dimissioni .
La “giurista” alcuni giorni fa era partita annunciando anche su X il titolo della sua relazione: “Genocide as Colonial Erasure” e l'intenzione di presentarlo anche “in vari luoghi pubblici”, oltre che a New York. Lo ha definito “un piccolo contributo per cercare di fermare le atrocità in Palestina” ma l'impostazione accusatoria e unilaterale era ovviamente già prefigurata dalla incessante attività della Albanese, e anticipata da quella parola: “atrocità”. Nel documento e poi nell'evento, infatti, la relatrice si è scatenata, chiedendo sanzioni nei confronti di Israele, insistendo sulla nozione di “genocidio” e prospettando per i vertici delle istituzioni politiche israeliane un trattamento da criminali di guerra. Una posizione, in pratica, che condanna sempre e comunque lo Stato ebraico e tende a minimizzare le responsabilità dei suoi aggressori; un perfetto distillato, insomma, della faziosità anti-israeliana che dilaga in molti ambienti politici e (pseudo)intellettualistici, negli Usa come in Europa.
Le reazioni sono presto arrivate, come detto, e puntano alle dimissioni della relatrice, nominata nel maggio 2022, con l'accusa di essere venuta meno al suo dovere istituzionale di imparzialità. “Chiediamo al governo italiano di intervenire presso la Commissione per i diritti umani dell'Onu”, questo l'appello rivolto dall'Associazione Setteottobre che chiede la destituzione della Albanese, e ha avviato una petizione su questo, sottolineando come questa riunione Onu sia l 'occasione affinché il Governo italiano “si allinei alle nette posizioni di condanna già espresse da Francia, Germania, Usa, contro l'antisemitismo e la faziosità”.
Setteottobre cita l'inviato speciale per combattere l'antisemitismo Deborah Lipstadt, l'ambasciatore alle Nazioni Unite Linda Thomas-Greenfield e l'ambasciatore presso il Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite, Michèle Taylor, ma anche il rappresentante francese alle Nazioni Unite che avrebbe “chiesto il suo licenziamento immediato e un'indagine approfondita sulle influenze a cui è stata potenzialmente soggetta”, e il rappresentante tedesco, che avrebbe definito le osservazioni della Albanese “una vergogna”, giudicando “spaventoso” un punto di vista che tende a “giustificare gli orribili attacchi contro Israele”.
Per l'organizzazione di Stefano Parisi, e per altre voci, la faziosità anti-israeliana conclamata nelle organizzazioni internazionali e in diverse aree politiche, in particolare nella sinistra estrema, alimenta l'ostilità di minoranze rumorose ma ormai visibili nelle piazze e nelle università europee e americane, dove si Inneggia a una Palestina “dal fiume al mare”, un motto che si traduce nella cancellazione, questa sì, dello Stato ebraico. Il tema, insomma, è l'antisionismo che diventa antisemitismo.
E nel giugno scorso, l'Ong UN Watch, accreditata all'Onu con sede a Ginevra, aveva presentato un reclamo legale di 60 pagine contro Francesca Albanese, denunciando: “Più a fondo siamo andati con le ricerche, più abbiamo scoperto le manipolazioni subdole di questa signora”.