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Abedini dal carcere: “Prego per Cecilia”. Il 15 l’udienza


Sandro De Riccardis

Milano — Nella sua cella singola a Opera, Mohammad Abedini Najafabadi aspetta di ricevere i libri in farsi che ha chiesto al consolato iraniano e impara un po' di italiano guardando la tv, dove nei giorni scorsi ha visto per la prima volta il suo volto accanto a quello di Cecilia Sala. «Pregherò per lei e per me», ha assicurato al suo avvocato Alfredo De Francesco che ieri mattina è andato a trovarlo nel carcere milanese. Per poter ripetere nelle preghiere il nome della giornalista, arrestata a Teheran tre giorni dopo il suo fermo a Malpensa e detenuta da allora nel carcere di Evin, Abedini ha chiesto al legale di scriverlo su un foglio bianco. Col legale si è detto ancora «preoccupato» per la moglie e il figlio di quattro anni, e ha chiesto di inoltrare una nuova autorizzazione alla direzione del carcere per poter videochiamare la famiglia in Iran.

Abedini, 38 anni, continua a respingere le accuse e si dice «incredulo» per le contestazioni che gli rivolge la giustizia americana. Si descrive come «un accademico e uno studioso, mai un terrorista». Il Tribunale distrettuale del Massachusetts lo accusa di cospirazione e supporto a organizzazione terroristica, il Corpo delle Guardie della Rivoluzione (Irgc). Abedini avrebbe acquistato negli Usa, tramite società “schermo” in Svizzera, componenti elettronici poi utilizzati sui droni in Medioriente ma anche sul fronte del conflitto tra Russia e Ucraina. Droni impiegati da Irgc anche in un attacco a una base militare Usa in Giordania, un anno fa, che avrebbe fatto tre morti e quaranta feriti tra i militari statunitensi.

Tra traduzione e invio degli atti dal ministero della Giustizia ai giudici milanesi, per la decisione sull'estradizione ci vorrà almeno un mese. Ieri è stata invece fissata per il prossimo 15 gennaio l'udienza in Corte d'Appello – nel collegio non ci sarà il giudice che ha convalidato l'arresto – per decidere sui domiciliari avanzata dal suo avvocato, richiesta su cui due giorni fa la procura generale ha dato parere negativo. La disponibilità di un appartamento e il sostegno economico da parte del consolato dell'Iran, proposti dal legale di Abedini insieme a una misura alternativa come il divieto di espatrio o obbligo di firma, per la procura generale «non costituiscono una idonea garanzia per contrastare il pericolo di fuga del cittadino». Il termine di dieci giorni dalla richiesta dei domiciliari è stabilito dal codice per permettere alla procura di valutare le contestazioni e alla difesa di depositare memorie e atti a favore dell'arrestato. Termini a cui nessuna delle parti ha rinunciato. Informato del no della procura generale, Abedini si è lasciato andare a una smorfia di sconforto. La sua difesa insisterà innanzitutto con la richiesta dei domiciliari, anche con il braccialetto elettronico, escludendo la possibilità di abbandonare l'appartamento per la spesa giornaliera – come era stato chiesto in un primo momento – e indicando un “soggetto terzo autorizzato” per acquistare cibo e generi essenziali. Abedini infatti non ha nè denaro né carte di credito, sequestrate insieme ai telefonini e alle schede di droni che gli sono stati trovati nelle valigie. L'argomento principale della difesa contro l'estradizione ruoterà intorno al principio della “doppia incriminazione”: l'Irgc è nella black-list delle organizzazioni terroristiche negli Stati Uniti, ma non in quelle dell'Unione Europea.



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