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Plymouth, l’ultimo fallimento di Wayne Rooney


Dopo i primi tre flop da allenatore, l'ex bomber ha alzato bandiera bianca con l'Argyle ultimo in classifica. A 39 anni sembra il più maledetto tra i tecnici inglesi della generazione d'oro, dopo una carriera fatta di colpi da showman, vizi ed eccessi

Basil Hallward non era nato a Liverpool o Manchester, ma in un'altra vita lui e Rooney dovevano essere grandi amici. Sarebbe stato il secondo a cui dedicare un ritratto dopo Dorian Gray, a cui nell'omonimo romanzo di Oscar Wilde proprio Hallward si offre come artista maledetto. I diciannove anni di carriera di Wayne sono racchiusi in una cornice, con pennellate indelebili come la rovesciata che l'attaccante quasi 30enne immortalò a Old Trafford nel derby col City. Forse il segreto del suo calcio viveurdai colpi edonistici, era su quella tela. Alla virata degli “enta” deve essere tornato a far visita al quadro, per appendere su quel chiodo i propri scarpini e finire per ritrovare la versione più corrosa di sé. Il allenatore uscito da quella stanza non ha tardato a subito gli effetti dell'anatema. Tra le immagini diventate virali negli ultimi mesi a Plymouth, prima che lo scorso 31 dicembre risolvesse il suo contratto con il club, Rooney è seduto sulla panchina dell'Argyle. Ha le spalle addotte, una barba bianca e malcurata, le mani congiunte e il volto corrucciato. È alla settima sconfitta in otto partite, la condanna per l'ultimo posto in Championship che lo porta all'addio. Ai quaranta ci arriverà solo quest'anno, pare però già soccombere a un tempo che dal 2020, anno dell'esordio da allenatore, scorre al doppio della velocità. Colpa di una vita pallonara fatta di seduzioni e vizi, gli stessi che per Wilde finiscono per presentarti il ​​conto. Sul corpo prima, nei quattro fallimenti in panchina poi.



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