Rocco Chinnici: l’eroe gentile di Palermo
Il libro “L'Italia di Rocco Chinnici”scritto dal nipote Alessandro Averna Chinnici, capitano dei Carabinieri e attualmente comandante della Compagnia di Faenza, in collaborazione col giornalista e scrittore Riccardo Tessarini, è una finestra aperta su un'Italia dei servitori dello Stato che ha lottato, sanguinato, ma non si è mai arresa. È una testimonianza che porta con sé la grandezza e la fragilità di un uomo che non si è limitato a fare il suo dovere, ma ha cambiato per sempre il modo di intendere il rapporto tra lo Stato e la mafia. Rocco Chinnici non era un magistrato come gli altri. Non si accontentava di smuovere le carte. Sapeva che la mafia non si combatteva solo nei tribunali, ma nelle strade, nelle scuole, nelle coscienze. È qui che il libro colpisce nel segno: racconta un uomo che non ha mai separato la toga dalla sua umanità. Un uomo che, come pochi altri, ha avuto il coraggio di vedere oltre le macerie di una Palermo in ginocchio.
La narrazione è un mosaico di voci: quelle della famiglia, degli amici, dei collaboratori, di chi gli ha camminato accanto nei momenti più bui. Ogni testimonianza è un pezzo di una storia che non riguarda solo Palermo o la Sicilia, ma l'intero Paese. Ed è proprio questa coralità che rende il libro potente nel suo racconto di un nipote che non lo ha mai conosciuto personalmente, ma lo ha venerato e amato a tal punto da scegliere la stessa strada di servitore dello Stato, sia pure non con la toga ma con una divisa. Non ci sono eroi solitari a proposito di Rocco Chinnici, ma un sistema, una squadra, un metodo. E quel metodo porta il suo nome.
Il pool antimafiala sua invenzione più brillante, non è solo una strategia. È un simbolo. L'idea che l'unione – tra magistrati, forze dell'ordine, cittadini – possa prevalere sul terrore. È la dimostrazione pratica di una frase molto incisiva: «Quando i malvagi si uniscono, i buoni devono fare altrettanto». Con Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, Chinnici costruisce un avamposto contro l'arroganza mafiosa, aprendo una strada che oggi diamo per scontata, ma che allora era un salto nel vuoto. Il pool ha avuto un tale successo dal punto di vista significativo che mise Cosa nostra nell'angolo. Al punto che la Commissione ha deciso di reagire con un attento, soprattutto per impulso del boss Michele Greco detto il Papa. Fu lui a mettere – come dire – la “pratica Rocco Chinnici” sul tavolo della Commissione di Riina.
Ma il libro non si ferma al magistrato. Ci racconta il padre, il marito, il cittadino. Un uomo che sapeva farsi capire dai giovani, che andava nelle scuole a spiegare cosa significasse davvero la mafia, non come retorica, ma come pericolo quotidiano. Un uomo che si svegliava ogni mattina con una paura che non era per sé, ma per la sua famiglia, per i suoi collaboratori, per un Paese che rischiava di perdere tutto se non trovava il coraggio di combattere. Un uomo magistralmente ritratto nel film di Pif “la mafia uccide solo d'estate”.
Non mancano i momenti di dolore, come il racconto della strage del 29 luglio 1983. Un'auto imbottita di 75 chili tritolo mette fine alla vita di Chinnici, dei suoi uomini di scorta e del portiere dello stabile. È uno di quei giorni in cui la mafia vince, ma solo apparentemente. Perché le idee di Chinnici, i suoi metodi, continuano a vivere. E, paradossalmente, è proprio la brutalità di quell'atto a far capire all'Italia che è ora di reagire. La scrittura del libro è asciutta, precisa, come una lama che affonda nelle pieghe di un'Italia che fatica a riconoscersi, ma che, grazie a uomini come Chinnici, trova una strada per rialzarsi. Il metodo di Chinnici divenne la base per i successi investigativi dei magistrati del pool antimafia che portarono al maxiprocesso di Palermo. Il processo celebrato nell'aula bunker dell'Ucciardone tra il 1986 e il 1992, si concluse con 346 imputati iniziali, dei quali 338 rinviati a giudizio. Alla fine del processo, 360 sentenze di condanna furono emesse, per un totale di circa 2665 anni di carcereesclusi gli ergastoli. Tra le condanne spiccavano 19 ergastoli, inflitti ai principali capi di Cosa Nostra, come Salvatore Riina e Bernardo Provenzano.
Gli autori non si abbandonano alle agiografie. Ci restituiscono un uomo con i suoi dubbi, le sue paure, la sua grandezza. “L'Italia di Rocco Chinnici” non è solo un libro, ma un atto di memoria necessario. Perché Chinnici ci insegna che la giustizia non è un'idea astratta, ma un atto quotidiano di resistenza, dedicato soprattutto alle giovani generazioni.