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Vivere più sani e più a lungo con una proteina: cos’è Klotho


Tende a diminuire con l'avanzare dell'età e sembra essere correlata all'invecchiamento cellulare

Giacomo Martiradonna

7 maggio – 12:16 – MILANO

Nel pantheon greco, Cloto era la più giovane delle tre Parche, le divinità che tessevano il destino degli uomini. Un nome evocativo, scelto per una proteina scoperta nel 1997 che, come il filo intrecciato dalla Moira, sembra giocare un ruolo fondamentale nel determinare la durata della vita umana. Klotho è infatti una proteina transmembrana, codificata da un gene presente sul cromosoma 13, che sembra svolgere un ruolo chiave nel rallentare l'invecchiamento e nel contrastare l'insorgere di diverse patologie legate all'età. La sua influenza sulla longevità è stata ampiamente dimostrata da studi su modelli animali. Topi con livelli più alti di Klotho vivevano significativamente più lungo e presentavano un minor rischio di sviluppare malattie come il diabete, l'osteoporosi e l'Alzheimer. Ma il fascino di Klotho non finisce qui: questa proteina sembrerebbe essere un vero e proprio biomarcatore dell'età biologicaun indicatore più preciso dell'età anagrafica per valutare lo stato di salute di un individuo.

klotho, proteina della longevità

Sappiamo che la concentrazione di Klotho nel sangue tende a diminuire con l'avanzare dell'età; questo suggerisce che monitorarne i livelli potrebbe fornire informazioni preziose sulla reale condizione di un organismo. Ma Klotho potrebbe fare molto di più: potrebbe diventare addirittura un potenziale bersaglio terapeutico. L'ipotesi, insomma, è che modificando i livelli di questa proteina, attraverso interventi farmacologici mirati o con accorgimenti nello stile di vita, potrebbe essere possibile rallentare l'invecchiamento.

Il meccanismo d'azione di Klotho non è ancora completamente chiaro, ma si ipotizza che svolga un ruolo chiave nella regolazione di diversi processi cellulari che influenzano la senilità, tra cui:

  • omeostasi del calcio: Klotho modula l'attività dei canali ionici che controllano il flusso di calcio nelle cellule. Ciò aiuta a proteggere le cellule dai danni causati dall'eccesso di calcio, un fattore che contribuisce all'invecchiamento e alle malattie legate all'età. La sua attività sembra inoltre correlata alla regolazione negativa della sintesi di vitamina D attiva, che influenza direttamente il metabolismo del calcio e del fosforo;
  • sensibilità all'insulina: Klotho aumenta la sensibilità delle cellule all'insulina, l'ormone che regola il metabolismo del glucosio, il che a sua volta contrasta l'insorgenza del diabete;
  • stress ossidativo: Klotho attiva la produzione di enzimi antiossidanti, che combattono i radicali liberi dannosi per le cellule;
  • senescenza cellulare: Klotho rallenta il processo di invecchiamento cellulare, per il quale le cellule cessano di dividersi e funzionare correttamente. Come risultato, i tessuti restano sani e funzionanti più a lungo.

laricerca

Nei topi privati ​​di Cloto, si osserva un invecchiamento acceleratocaratterizzato da:

  • arteriosclerosi: accumulo di placca nelle arterie, che può portare a infarti e ictus;
  • ridotta funzione cardiovascolare: compromissione della capacità dei vasi sanguigni di dilatarsi e rilasciata della formazione di nuovi vasi sanguigni;
  • degenerazione multiorgano: danni a reni, polmoni e cuore;
  • aumento della mortalità: i topi privati ​​di Cloto muoiono in giovane età.

Gli studi sembrano suggerire che Klotho svolga un ruolo fondamentale nella protezione dall'invecchiamento e dalle malattie senili ma saranno necessarie ulteriori ricerche per comprendere appieno i meccanismi d'azione di questa straordinaria proteina e, soprattutto, per sviluppare potenziali terapie. “Dai topi, allo scimpanzé sino ai mammiferi più elevati come l'uomo è inequivocabilmente stato rilevato che, quando abbiamo livelli di questa proteina ridotti rispetto al livello medio relativo alla propria età anagrafica, l'aspettativa di vita è ridotta“, spiega al Corriere della Sera Ascanio Polimeni, neuroendocrinologo, direttore di LongevYa Project e di Regen4Life Reserch Group. “E vediamo più facilmente l'insorgere di demenza, malattie cardiovascolari, tumori, invecchiamento accelerato su tutti i punti di vista, dalla pelle, ai capelli, all'osteoporosi, alla perdita di massa muscolare sino alla disabilità e quindi una mortalità anticipata“, concludono.





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